Bernardino Mei (Siena 1612 – Roma 1676)
1650 ca.
olio su tela
cm 66,5 x 47,5
IBS 53
Realizzata come quadro da stanza per la famiglia Bianchi Bandinelli questa tela, che immortala il tragico suicidio di Ghismunda, ben rappresenta il talento di Bernardino Mei come protagonista del Seicento senese. Abile pittore di cultura barocca, Bernardino seppe coniugare nei suo dipinti la tensione verso il sublime e il gusto per il tragico; si dedicò in modo particolare a temi mitologici e allegorici, guadagnandosi così una fama che lo portò a diventare l’artista prediletto della famiglia Chigi e a trasferirsi a Roma in seguito all’elezione di Alessandro VII (Fabio Chigi) nel 1655.
La tela ritrae, con un taglio stretto, l’eroina boccaccesca Ghismunda, vittima della gelosia del padre Tancredi che aveva fatto uccidere il suo amante Guiscardo inviandole poi il cuore su una coppa dorata. La giovane donna è colta dal pittore nel momento in cui la follia del dolore la spinge al suicido e lei, in un atto estremo di sfida al padre, beve il veleno mischiato al sangue del suo amato. L’opera è realizzata con una pittura ricca e pastosa stesa con pennellate dense e larghe, in cui pochi colori luminosi si contrappongono alle zone d’ombra. L’azzurro e il rosa della veste contrastano con il pallore della pelle nuda di Ghismunda facendo risaltare la figura dal fondo scuro e mettendo in risalto il conflitto fra la sensualità e la fragilità della donna. Allo stesso modo la mano che stringe il cuore grondante sangue e il volto disperato di Ghismunda, che ci offre l’ultimo sguardo prima di bere dalla coppa, descrivono la combinazione di disperazione e determinazione nei sentimenti dell’eroina.